Cit. “Mi piace che ti muovi, mi piace se ti muovi, e allora….. Muovi!!!” Re Julian in Madagascar.

La via della longevità

In uno studio condotto in Australia, 204542 persone dai 45 ai 75 anni sono state monitorate per analizzare il collegamento tra esercizio fisico e mortalità in generale. Il gruppo che dichiarava di praticare ogni settimana un esercizio fisico da moderato a intenso per oltre 150 minuti risultava avere una riduzione del 47% della mortalità, che diventava un 54% nel gruppo che svolgeva attività fisica da moderata a intensa per 300 minuti la settimana. L’effetto cresceva di un altro 9% nelle persone la cui attività fisica settimanale era decisamente intensa.

Valter Longo

K.Gebel et al. ” Effect of moderate to vigorous physical activity on all cause mortality in middle aged and older australians”, JAMA Internal Medicine, June 2015

Dichiarazione dei redditi: FISIOTERAPIA DETRAIBILE SENZA PRESCRIZIONE MEDICA

Come ogni anno in prossimità della scadenza di giugno si ripresentano i dubbi di qualche CAF o consulente fiscale sulla detraibilità delle spese sostenute per le prestazioni fisioterapiche erogate alla Persona in libera professione.

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 19/E del 1 giugno 2012 – pag. 15, ha corretto la posizione adottata nel 2010.All’Utente è consentita la detraibilità della spesa fisioterapica allegando soltanto la parcella del professionista da cui risulti la prestazione effettuata, anche in assenza di prescrizione medica.Succede ancora che qualche CAF richieda invece la prescrizione medica, si tratta di una richiesta non legittima.Nella circolare 11/e del 21/05/2014 – pag. 10, l’Agenzia delle entrate risponde anche al quesito sulla detraibilità delle spese per osteopatia: “Il Ministero della Salute, interpellato al riguardo, ha precisato che a tutt’oggi la figura dell’osteopata non è annoverabile fra le figure sanitarie riconosciute, il cui elenco è disponibile sul sito istituzionale del Ministero stesso. Il predetto Dicastero ha precisato, altresì, che, in attesa di un eventuale riconoscimento normativo, le attività che in altri Paesi sono svolte dall’osteopata afferiscono in Italia alle professioni sanitarie. In considerazione del parere fornito dal Ministero della Salute, si ritiene che le prestazioni rese dagli osteopati non consentano la fruizione della detrazione di cui all’art. 15, comma 1, lett. c), del TUIR, e che le spese per prestazioni di osteopatia, riconducibili alle competenze sanitarie previste per le professioni sanitarie riconosciute, sono detraibili se rese da iscritti a dette professioni sanitarie”.

E’ tempo di essere onesti sui risultati della ricostruzione del legamento crociato anteriore

Riporto di seguito un articolo apparso su Fisiobrain scritto dal collega FT.Samuele Passigli che mi sembra molto interessante a proposito di Legamento Crociato Anteriore….. buon lettura.

Fino a 10 anni fa gli ortopedici assicuravano ai pazienti con una lesione del legamento crociato anteriore (LCA) un risultato eccellente nel 90-95% dei casi con la ricostruzione chirurgica e, purtroppo, questa informazione può ancora essere ascoltata in qualche ambulatorio.

I recenti studi che hanno valutato il ritorno allo sport, il rischio di subire una lesione del neolegamento o una lesione del LCA controlaterale e la scelta del trapianto hanno mostrato come lo scenario immaginato sia in realtà meno roseo.
Nello studio prospettico di Walden et al. (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27034129), dove sono stati seguiti 78 club professionisti di calcio per 4 anni, sono state riportate 140 lesioni complete del LCA. Prima di completare la riabilitazione, 5 pazienti hanno avuto una lesione del neolegamento e 4 pazienti una lesione del LCA controlaterale.

A 3 anni, l’86% dei soggetti giocavano a calcio, ma solo il 65% aveva ripreso l’attività sportiva al livello precedente l’infortunio.
Quindi, se un paziente ci chiede quale sarà la probabilità di ritornare allo sport al livello prelesionale, dovremmo rispondere 65% e non 95%.

 
La revisione con meta-analisi di Wiggins et al. (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26772611) ha indagato il rischio di una recidiva e di una lesione del LCA in giovani atleti dopo la ricostruzione del LCA. Gli autori hanno mostrato un allarmante rischio del 7% di recidiva e dell’8% di lesione del LCA controlaterale. Questo rischio totale del 15% aumenta al 23% per gli atleti con meno di 25 anni. Nonostante lo studio di Wiggins presenti numerosi limiti, gli autori mostrano che i risultati nei giovani atleti possono non essere eccellenti nel 90-95% dei casi come storicamente promesso. Il 25% circa dei soggetti (un atleta su 4) avrà un nuovo infortunio importante dopo la ripresa delle attività sportive.

Il risultato dopo la ricostruzione del LCA non deve essere valutato solamente con la stabilità post-operatoria del ginocchio, ma anche con la capacità dell’atleta di riprendere l’attività sportiva al livello precedente. Considerare questi aspetti potrà permettere di migliorare il nostro lavoro nella prevenzione di un nuovo infortunio e nell’ottimizzazione del ritorno allo sport.

I programmi preventivi, basati sul training neuromuscolare, sono efficaci nella prevenzione delle lesioni del LCA e, di conseguenza, dovrebbero essere incorporati nella riabilitazione post-chirurgica per ridurre il rischio di un nuovo infortunio. Un altro aspetto molto importante è rappresentato dalla psicologia del ritorno allo sport (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25293342, http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25157180).

Riportare i risultati di questi studi permetterà agli atleti di essere completamente informati sui rischi e sui benefici dell’intervento chirurgico, oltre che fornire una solida base per gli studi futuri sull’ottimizzazione dei risultati, compresa la prevenzione di un nuovo infortunio.

McCormack RG, Hutchinson MR. Time to be honest regarding outcomes of ACL reconstructions: should we be quoting 55-65% success rates for high-level athletes? Br J Sports Med. 2016 May 26.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27231334

Le convinzioni sulla lombalgia

 

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I fattori psicosociali hanno un ruolo importante nello sviluppo e nel recupero del mal di schiena, non influenzano solo il dolore ma modificano anche l’esperienza percettiva del dolore stesso. La percezione del dolore è influenzata da processi del sistema nervoso centrale. Il contesto (credenze sul dolore, esperienze, aspettative), la sfera cognitiva (capacità attentive) e l’umore (depressione, ansia) alterano il dolore provato per un dato input nocicettivo. Questi fattori oltre ad essere associati a uno scarso recupero sembrano aumentare il rischio di sviluppare mal di schiena. Il clinico, attraverso le procedure diagnostiche, i modelli esplicativi e le raccomandazioni per la gestione del dolore può influenzare le credenze sulla fonte dei sintomi, la prognosi e il comportamento da seguire. Il mal di schiena, se descritto come un danno ai tessuti o una disfunzione all’interno del rachide lombare rischia di aumentare il livello d’incertezza e ansia del paziente. Le spiegazioni basate solo sui modelli strutturali patoanatomici possono essere pericolose nel ridurre la fiducia nello svolgere attività per paura di recidive o complicanze. Fornire consigli sbagliati può rafforzare la percezione del paziente che la schiena sia una struttura vulnerabile che deve essere protetta evitando carichi. Anche le indagini strumentali possono influenzare negativamente le credenze del paziente nel mostrare anomalie strutturali fisiologiche non direttamente correlate al dolore. Al contrario le spiegazioni che si concentrano sul recupero graduale della funzionalità sembrano migliorare le aspettative e favorire i comportamenti positivi utili alla ripresa.

Darlow B. Beliefs about back pain: The confluence of client, clinician and community. International Journal of Osteopathic Medicine (2016)

Emanuele Tortoli – Fisioterapista, MSc, SPT, DO

Nuoto e deformità vertebrali: uno studio trasversale

foto di Kiné studio fisioterapico.

In conclusione, la pratica del nuoto a livelli agonistici aumenta il rischio di presentare asimmetrie a livello del tronco e ipercifosi. Sebbene il nuoto sia stato considerato per anni uno sport completo e una opzione di trattamento per la scoliosi i risultati emersi da questo studio contraddicono tale ipotesi. Inoltre la pratica del nuoto a livelli agonistici si associa a una maggiore prevalenza di lombalgia nei soggetti di sesso femminile. Di seguito tutto l’articolo […]